CASCINA TORCHIERA: LA RESISTENZA DEI SALTIMBANCHI Il camino acceso e alcune panche affollate, il profumo della legna bruciata e il caldo suono di un pubblico che si sta divertendo: sono queste le prime sensazioni che accompagnano il mio ingresso in Cascina Torchiera per l’ultima serata della Rassegna del Saltimbanco in versione invernale. Sul palco Guido Nardin che – disinvolto in un calzino a righe che copre l’essenziale – strimpella strani strumenti musicali nel suo Ugo Sanchez wants to play, suscitando, con la sua ingenua assurdità, la simpatia degli spettatori. A seguire Rocco e Gina oggi sposi, deliziosa esibizione dello Slapstick Duo che coinvolge il pubblico in uno strampalato matrimonio fatto di prove d’amore in equilibrio su una piramide di sedie, di volteggi romantici ai tessuti e di litigi acrobatici. Ultimo appuntamento di una rassegna che è al suo quattordicesimo anno e che nella versione estiva (quella più importante) raduna fino a 700 spettatori a sera con artisti internazionali e un pubblico eterogeneo di adulti, bambini e professionisti. Un successo che è il frutto del lavoro e della passione di Alessandro Vallin e Stefano Locati (i Freakclown), i quali hanno fatto della Cascina una palestra e un punto di riferimento per giocolieri e artisti di strada, unitamente ai tanti giovani che nel Torchiera si sono formati e al pubblico “preparato, esigente e docile”, come lo definisce Stefano. “Quando ho iniziato a giocolare (a metà degli anni Novanta) a Milano non c’era niente, non c’erano neanche i negozi dove comprare gli attrezzi necessari: venivo in Torchiera per allenarmi e scambiarmi le tecniche” racconta Alessandro. “Eravamo tutti pionieri, trovarsi in Cascina era una necessità”, conferma Stefano. Un percorso artistico, il loro, che va di pari passo e si incrocia con l’impegno politico e la militanza. “All’interno del movimento del dissenso abbiamo trovato una nostra forma di espressione – racconta Stefano – portando, ad esempio, la nostra arte nelle manifestazioni, partecipandovi, insieme alla Banda degli Ottoni, armati di clave, monocicli e trampoli”. Ma non solo. In un clima di ostilità culturale che appartiene in primis alle istituzioni, continua Stefano, “la nostra è una forma di resistenza. Vogliamo che l’arte sia accessibile a tutti, anche agli artisti stessi, invitati ad esibirsi a palco aperto. Era molto faticoso praticare una disciplina circense se non nascevi in un tendone. Il Torchiera ha ricreato quel modello comunitario famigliare fondamentale per crescere e formarsi artisticamente.” “Il Torchiera – aggiunge Alessandro – è stato il nostro circo: come in un tendone, qui tutti abbiamo imparato a fare tutto, da tirare i cavi elettrici ad esibirci di fronte al pubblico, fino ad organizzare la Rassegna del Saltimbanco.” “Noi come artisti siamo nati qui in Torchiera, seguendo le orme di chi aveva più esperienza di noi”, mi racconta Raffaele Rizzo dello Slapistick Duo. “Qui si è accesa quella scintilla che ci ha fatto scegliere la strada del circo”, mi conferma Elisa Magni mentre riassetta il palco dismessi i panni della sposa novella. Per Guido, in arte Ugo Sanchez Junior, il Torchiera è importante perchè “ti confronti con un pubblico che è cresciuto e si è formato con gli artisti, esigente, capace di offrire sempre un ritorno costruttivo”. Tra le pareti sgangherate di questa Cascina senz’acqua emerge tutto un mondo, una storia, un universo umano e artistico, percorsi di crescita e di lotta, di gioco e di lavoro, di resistenza e di magia che nella Rassegna del Saltimbanco trovano solo la propria espressione ultima. E mentre fervono i preparativi per la versione estiva della manifestazione, più ampia e più articolata, a febbraio il Circolo Arci Scighera ospita Saltimbanchi Off, la serata a palco aperto nata qui. Valentina Maggio
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